Stati d’ansia, panico, depressione? Chiamale emozioni

Il pensiero stabilisce relazioni tra gli oggetti  – altrimenti vissuti in maniera confusiva – e li categorizza in modo specifico. E’ ciò che ci fa essere, a volte, razionali e ci ha distinto da altre specie animali. Categorizzare la realtà, con l’ausilio del linguaggio, è dunque fondamentale.

Scegliere quali categorie adottare cambia radicalmente i nostri punti di vista, soprattutto quando parliamo di stati emotivi. Definirli ansia, panico, depressione non ci aiuta molto, anzi peggiora la situazione, specialmente quando si è profani del campo “psi”. In seguito ad una categorizzazione del genere, infatti, non resta che risolvere la situazione terapeuticamente, nella peggiore delle ipotesi con i farmaci.

E se invece provassimo con categorie diverse? La mia proposta, da psicologo, è definirle e pensarle come emozioni. Un senso emotivo che viene dato al contesto. Emozioni che nascono nella relazione con esso: un intreccio tra il nostro modo di viverlo e le emozioni specifiche che il contesto tende a suscitare. Pensare gli stati d’ansia, il panico, la depressione come emozioni in una relazione, pensare le emozioni, innesca cambiamento, genera miglioramento.

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